21 ago 2018

Ponte Morandi, in tredici nell’ufficio “fantasma” che avrebbe dovuto vigilare

Genova - Per capire fino a che punto il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti se n’era chiamato fuori e aveva lasciato campo libero ad Autostrade per l’Italia, libera di decidere cosa e quando farla, si può visitare la Torre B di piazza Borgo Pila. 
È in uno dei grattacieli di Corte Lambruschini, infatti, che ha sede un ufficio pubblico sconosciuto ai più. Eppure è qui che il Mit ha lasciato l’ultimo bastione di una ritirata che dura da oltre un decennio, affidando a un manipolo di dipendenti - 13 in tutto, uno dei quali precario e la gran parte senza alcuna competenza tecnica - la vigilanza sulla rete autostradale. E non solo la A10, ma quella di tutto il nord ovest: 1.640 chilometri di rete, zeppa di gallerie e viadotti.

Inquadrare come si è arrivati a questo punto - assai inquietante, se si osserva la sequenza che ha portato al disastro del ponte Morandi - è molto lineare. E si collega al grande filone del ministero - osservatore. Informato di quanto Autostrade (al pari delle altre concessionarie) fa a livello progettuale, ma non in grado di intervenire sul piano tecnico per contestarne, eventualmente, le scelte. E, soprattutto, lungi dall’essere in grado di controllare in autonomia una struttura come il Morandi.

La dinamica è iniziata anni fa, quando Anas ha sottoscritto la convenzione unica con Aspi. È allora che con una serie di atti collegati al documento madre vengono definiti i compiti degli ispettori. Assai circoscritti, perché si limitano a questioni di piccolo cabotaggio, come il controllo dello stato dell’asfalto, dell’illuminazione, dei guardrail o del verde.

Il quadro negli anni non fa che peggiorare.

Nessun commento: