Evangelizzazione dell’Inghilterra:
Sin dai primi tempi del Cristianesimo i
credenti nella nuova fede si attivarono per diffonderla, anche al di là delle
persecuzioni da parte del potere politico e delle dotte dispute teologiche che
si erano andate sviluppando nel tempo. Quando nel IV secolo, con Costantino, fu
riconosciuta la libertà di culto che ammetteva il Cristianesimo fra le
religioni riconosciute, si affermarono nuove pratiche religiose collegate alla
sua diffusione: tra queste i pellegrinaggi, che coniugavano il desiderio di
penitenza all’aspirazione di un ritorno alle fonti della fede; le mete
fondamentali erano da un lato Gerusalemme e i luoghi santi d’Oriente, e
dall’altro i luoghi significativi dell’Occidente come Roma e Tours, legata al
culto di s. Martino.
A partire dal V secolo lo scenario cambiò
profondamente: la massiccia immissione di popoli nuovi nelle regioni europee
modificò la situazione, perché i nuovi arrivati, che ovviamente non
condividevano il cattolicesimo dei romani, potevano appartenere a due gruppi
distinti: o erano stati convertiti da Ario alla sua eresia alcune generazioni
prima (IV secolo) (1), o erano ancora pagani (2). Ad esempio, rientravano nel
primo gruppo i Vandali, i Visigoti, gli Ostrogoti o i Longobardi, mentre
popolazioni germaniche come Juti, Angli, Sassoni, e più tardi anche i
Vichinghi, erano ancora pagane.
1) Nelle regioni conquistate dagli ariani, alle
devastazioni provocate dall’arrivo di popolazioni ostili, spesso si
aggiungevano persecuzioni di carattere religioso di ariani contro cattolici. La
religione cattolica, i cui fondamenti poggiavano sui risultati del Concilio di
Nicea (325), godeva dell’appoggio imperiale, sicché la contrapposizione tra
ariani e cattolici non era solo religiosa, ma anche politica. A complicare la
questione vi erano poi i contrasti fra la chiesa di Costantinopoli, sottoposta
al potere imperiale, e quella occidentale che si ispirava a Leone Magno. Ma
Roma era politicamente debole e dovette in qualche misura sottomettersi all’impero
e solo con Gregorio Magno e i suoi successori si avviò il processo che portò il
papato a liberarsi, nell’VIII secolo, dell’autorità imperiale.
La conversione degli ariani quindi seguì
i ritmi lenti dell’integrazione fra le popolazioni, condizionata spesso dai
complessi intrecci politici: soprattutto in Italia essa risentì dei contrasti
fra gli occupanti longobardi, che diventavano gradualmente abitanti locali, e
la chiesa, per la gestione del potere politico locale e per la salvaguardia di
Roma e del suo territorio.
2) L’arrivo di diverse tribù germaniche ancora pagane
e ignare del cristianesimo costituì un fattore di ulteriore complessità ai
problemi che il clero cattolico si trovò ad affrontare a partire dal V secolo
nella difesa delle popolazioni romanizzate contro le ostilità degli invasori,
aggiungendosi ai contrasti con gli invasori ariani.
In
larga misura, missionari percorsero l’Europa in lungo e in largo, sfruttando la
rete formidabile di strade costruite nel corso dell’impero romano, anche se il
sistema stava andando lentamente in rovina. In pratica, però, per ogni regione
si ebbe uno sviluppo differenziato e autonomo.
Un esempio interessante è quello
che riguarda la Gallia: i visigoti ariani mirarono nel V secolo ad occupare
l’occidente romano inclusa la Gallia, stipulando patti con l’impero, e
proponendosi come difensori contro i franchi pagani. Tuttavia Clodoveo re dei
franchi, che aveva battuto a varie riprese i visigoti e aveva occupato vaste
regioni della Gallia, manifestò interesse per la religione cattolica, mostrando
deferenza verso i vescovi locali; inoltre, per motivi politici, sposò la
principessa burgunda Clotilde, la quale, essendo cattolica, si dedicò alla
conversione del marito. Clodoveo, dopo un’importante vittoria militare sugli
alamanni, decise di farsi battezzare insieme a tremila guerrieri franchi: fu
l’inizio di una dinastia franca cattolica alla quale frequentemente si
appoggiarono papi e vescovi.
Un altro esempio interessante è
costituito dalla Cristianizzazione dell’Inghilterra (vedi), dove le
conversioni furono ottenute sia dalla presenza di una regina cattolica sia attraverso
un’opera di evangelizzazione di missionari.
Inoltre in vari casi una regina
cattolica, sposata ad un sovrano pagano, ha favorito la cristianizzazione del
proprio marito e del suo popolo: in effetti sarebbe interessante studiare
l’influenza delle donne in molte grandi conversioni che ebbero importanti
conseguenze politiche.
La cristianizzazione dell’Inghilterra,
soprattutto dopo la diffusione del modello benedettino portato nel Kent da s.
Agostino di Canterbury, ebbe una conseguenza importantissima, perché a partire
dal VII secolo grandi missionari benedettini inglesi, quali Willibrod o
Bonifacio, a cui si aggiunsero anche altri confratelli, andarono per le varie
terre germaniche, favorendo non solo la loro cristianizzazione, ma anche la
diffusione del monachesimo benedettino, la cui regola rigorosa toccò molto da
vicino lo spirito e il carattere delle popolazioni locali.
***
Cristianizzazione dell’Inghilterra:
La cristianizzazione dell’Inghilterra
costituisce un caso particolare di evangelizzazione delle popolazioni
nuove arrivate, ed è caratterizzata dal fatto che le conversioni furono
ottenute sia per l’interessamento di una regina cattolica sia attraverso l’opera
di evangelizzazione di missionari.
L’antica Britannia, abitata da genti
celtiche affini ai Galli, subito dopo la conquista romana, era entrata nel
circuito dei complessi movimenti di idee, persone e cose tipico dell’impero
romano: questo significò anche una precoce diffusione del Cristianesimo,
portato nell’isola, secondo la leggenda, già da Giuseppe di Arimatea nel I
secolo d.C. Certamente tracce di culto cristiano si trovano a partire dal II
secolo in poi, fino al V-VI: scrittori come Tertulliano e Origine menzionano la
diffusione del Cristianesimo in Britannia, ed anche scarne testimonianze
archeologiche confermano queste indicazioni; ad esse si aggiungono le liste
concernenti vescovi britanni, alcuni dei quali parteciparono anche a concilii.
Sono noti anche alcuni santi britanni (per es. s. Ninian, il primo
evangelizzatore della Scozia nel IV secolo), vale a dire celti, come quelli
d’Irlanda, cristianizzata a partire dal V secolo (432) ad opera di s. Patrizio;
monaci britanni e monaci irlandesi erano grandi viaggiatori e evangelizzatori.
Le diverse invasioni che riguardarono
l’isola dopo che i Romani si erano ritirati, comportarono il ritorno al
paganesimo. Le prime invasioni risalgono al V secolo, tra il 450 e il 455, e
sono opera di sassoni, iuti e angli, popolazioni germaniche, strettamente
collegate ai germani del continente e della Scandinavia, che modificarono
profondamente la situazione dell’isola: la popolazione locale fu pesantemente
sottomessa, lingue di tipo germanico soppiantarono in larga misura i parlari
esistenti nell’isola, pur senza eliminarli completamente, e sono riportate
notizie di una religione pagana il cui culto era curato da una classe di
sacerdoti e che influenzava anche la vita quotidiana (calendario, feste).
Nel VI secolo, all’epoca di s. Gregorio, sono
almeno una decina i regni, menzionati anche nei documenti più antichi, nei
quali era suddivisa l’Inghilterra. San Colomba di Iona, in larga misura
contemporaneo di Gregorio, partito dall’Irlanda, completò la cristianizzazione
della Scozia (562); inoltre, in molte zone, monaci irlandesi, sotto l’esempio
di Colomba, cominciarono a diffondere nuovamente il cristianesimo, e
soprattutto il loro modello di monachesimo, basato su una vita eremitica molto
austera, fondata su penitenze, mortificazioni e veglie. Questo genere di
monachesimo, che seguiva l’ideale ascetico tipicamente irlandese della
«peregrinatio pro Christo» (pellegrinaggio per Cristo), si diffuse anche nel
continente, soprattutto nell’area dell’attuale Francia, ad opera di uno dei
suoi più significativi esponenti, s. Colombano, detto di Luxeil o anche di
Bobbio, che nel 590 con un piccolo drappello di missionari approdò sulla costa
bretone, operando a lungo per la cristianizzazione della Francia, della
Svizzera (monastero di s. Gallo) e dell’Italia (Bobbio). Questo modello di
monachesimo, che raccomandava il lavoro della terra per autosostentamento e
come momento di rinnovamento, si concentrava in un fermo richiamo alla
conversione e al distacco dai beni terreni in vista dell’eredità eterna,
attraverso una vita ascetica e un comportamento senza compromessi di fronte
alla corruzione dei potenti. Questa austerità, tuttavia, non era mai fine a se
stessa, ma era solo il mezzo per aprirsi liberamente all’amore di Dio e
corrispondere con tutto l’essere ai doni da lui ricevuti, ricostruendo così in
sé l’immagine di Dio e al tempo stesso dissodando la terra e rinnovando la
società umana.
Alcune questioni aprirono un contenzioso
fra i monaci irlandesi e il sinodo dei vescovi: in particolare l’introduzione,
da parte di Colombano, della confessione e della penitenza private e reiterate;
fu detta penitenza «tariffata» per la proporzione stabilita tra gravità del
peccato e tipo di penitenza imposta dal confessore. Inoltre sorse la disputa
circa la data della Pasqua: l’Irlanda seguiva infatti la tradizione orientale
in contrasto con la tradizione romana. Convocato nel 603 a Châlon-sur-Saôn per
rendere conto davanti a un sinodo delle sue consuetudini relative alla
penitenza e alla Pasqua, Colombano non si presentò, inviando una lettera in cui
minimizzava la questione invitando i Padri sinodali a discutere non solo del
problema della data della Pasqua, problema piccolo secondo lui, ma anche di
altre questioni canoniche.
Chiaramente diversa era la posizione di s.
Gregorio che, nell’ambito del grande impulso che diede alle missioni
evangelizzatrici, sosteneva la diffusione della regola benedettina, più
complessa, e più ricca di importanti regole e suggerimenti validi sia per la
vita spirituale sia per la vita pratica. Questo papa riservò una particolare
attenzione all’Inghilterra: secondo la sua biografia (v. S. Gregorio Magno),
la sua intenzione di cristianizzare quella terra lo aveva reso compassionevole
anche nei confronti di giovani inglesi schiavi sul mercato romano.
La sua attenzione alla regione traspare
anche da lettere per i vescovi e i sovrani franchi, dati i rapporti già
esistenti tra i franchi e gli abitanti dell’Inghilterra, anche se forse a Roma
non erano ben note le condizioni ambientali determinate dagli invasori pagani.
La situazione si modificò profondamente
quando il re del Kent Etelberto, sposò Berta, figlia del re di Parigi, il cristiano
Cariberto. Il Kent era uno dei maggiori regni in cui l’Inghilterra era divisa e
l’interesse del sovrano verso il continente comportò anche un’attenzione nei
confronti della fede della moglie. Un primo intervento vide l’opera del
cappellano della regina Berta, Liudhard, che eresse una chiesa a Canterbury,
dedicandola a s. Martino di Tours, il santo protettore della famiglia d’origine
della regina stessa.
Ma il passo risolutore fu la richiesta, da parte di Etelberto a s. Gregorio
Magno, di missionari. Il pontefice inviò 40 missionari sotto la guida di s. Agostino
di Canterbury (v. s. Agostino di Canterbury).
Arrivato in Inghilterra, Agostino cominciò la sua opera di
evangelizzazione: seguendo le disposizioni del papa in materia di luoghi di
culto, Agostino riconsacrò e ricostruì una vecchia chiesa a Canterbury e fondò un monastero.
In breve tempo, lo stesso sovrano e migliaia di sudditi (secondo la tradizione,
circa 10.000) chiesero il battesimo. Agostino rimaneva nel frattempo in
contatto con il papa, elencando i successi conseguiti e chiedendo consigli. È
significativo il contatto con Roma: nel 601 Mellito,
Giusto e altri monaci, inviati a Roma con
molte questioni e domande, portarono, assieme alle risposte del papa, dei
libri, alcune reliquie e soprattutto il pallium
simbolo del potere arcivescovile. Da questo momento Agostino divenne primate d'Inghilterra. Gregorio I indicò
al nuovo arcivescovo di ordinare quanto prima dodici nuovi vescovi
ausiliari e di inviare un vescovo
a York.
Nel 604
Agostino consacrò Mellito vescovo di Londra
e Giusto vescovo di Rochester. Nella sua opera pastorale Agostino,
monaco benedettino, a sua volta guidato dal papa anche lui benedettino, diffuse
in Inghilterra quel modello di monachesimo: infatti il monastero di s. Pietro e
Paolo, poi di s. Agostino, fondato a Canterbury fu il primo monastero
benedettino fuori dell’Italia.
In parallelo con S. Gregorio Magno che fondò a Roma un monastero dedicato a
S. Pancrazio, Agostino ne fondò uno anche a Londra il (la cui esistenza è a
tutt’oggi ricordata dalla fermata della metropolitana St. Pancras, non lontana
da King Cross), a dimostrazione della diffusione rapidissima del culto di questo
giovane santo.
Agostino cercò contatti con i monaci irlandesi, cercando di indurli ad
accettare le nuove disposizioni direttamente dipendenti da Roma, ma il suo tentativo
fallì. L'opera risultò in effetti molto difficoltosa e vide numerosi insuccessi.
Solo dopo il sinodo di Whitby del 664 la Chiesa celtica
rinuncerà alle sue tradizioni e confluirà nel cristianesimo romano.
In ogni caso, alla morte del re Etelberto i successi della
cristianizzazione rischiarono di essere cancellati dal suo successore Eadbald,
ritornato al paganesimo: molti monaci fuggirono in Gallia, e lo stesso s.
Lorenzo, nuovo arcivescovo dopo la morte di Agostino, esitava ad affrontare il
sovrano. Secondo una pia leggenda, apparve a Lorenzo s. Pietro che lo sollecitò
a convertire il re e che lo punì per le sue esitazioni frustandolo: i
segni della punizione rimasero e quando l’arcivescovo le mostrò a Eadbald, il
re ne fu profondamente colpito e si convertì.
L’azione di Agostino e dei suoi compagni e seguaci fu di importanza
notevolissima per la storia della cultura europea: i monasteri da loro fondati diventarono
centri di cultura, poiché l’attività pratica si affiancavano una profonda
attività mistica e spirituale, e l’opera di studio e di redazione e copiatura
di libri.
***
Bibliografia:
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Occidente da Nicea alla Riforma” in H.-C. Puech (ed.), Storia delle Religioni, vol. III, Roma-Bari 1977, pp. 3-120.
AA.VV., Storia
del Mondo Medioevale, (The Cambridge
Medieval History), Cambridge University Press, trad. it. Garzanti, voll.
I-IV; per la precisione, vol. I, pp. 108-166, 517 - 539, 810 - 853; vol. II, pp.
313 - 334; vol. III, pp. 6 - 26, 93 - 136, 473 - 486; vol. IV, pp. 21 - 53, 255
- 276.
C. D’Onofrio, Castel
S. Angelo e Borgo tra Roma e Papato, Roma 1978.
V. von Hagen, Le
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Y. Le Bohec, L’esercito
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P. Ariès - G. Duby, La
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M. Sgarbossa - L. Giovannini, Il Santo del giorno, Roma 1986.
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R. Giorgi, Losapevi dell’arte: Santi - 2, Roma,
2004.
L. Impelluso, Losapevi dell’arte: La natura e i suoi
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Sitografia:
https://www.academia.edu/9710789/IL_DIARIO_DI_SIGERICO_E_LA_VIA_DEI_SASSONI_PER_ROMA: G.
Caselli, “Il Diario di Sigerico e il ruolo della Via di Roma nella storia
anglosassone”
http://www.viefrancigene.org/static/attachments/resources_news/Sigerico_il_pellegrino_la_Via_Francigena_prof.Giovanni_CASELLI.pdf:
G. Caselli, “Sigerico il pellegrino e la Via Francigena”
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