27 giu 2023

Serve il sequestro cautelativo di due capolavori in mostra a Palazzo Barberini

@ - Il caso della Morte di Germanico di Nicolas Poussin e del San Sebastiano gettato nella Cloaca Massima di Ludovico Carracci


In un recente post ho posto la questione se due capolavori attualmente esposti nella mostra "L’immagine sovrana" a Palazzo Barberini, e di proprietà di due musei statunitensi, siano stati esportati illecitamente dall’Italia alcuni decenni fa. Sto parlando della Morte di Germanico di Nicolas Poussin e del San Sebastiano gettato nella Cloaca Massima di Ludovico Carracci. Essi facevano parte dell’immensa raccolta della famiglia Barberini, quasi del tutto dispersa negli anni Trenta grazie a una legge speciale varata dal regime fascista che ne autorizzava lo smembramento, fino ad allora proibito in virtù di un antico istituto giuridico, il fidecommesso, che vincolava l’integrità dei patrimoni della nobiltà romana.

La perdita del dipinto di Poussin è stata particolarmente grave per il nostro Paese, perché nonostante il grande pittore francese abbia vissuto a Roma, la parte più importante della sua carriera artistica, di lui in Italia non rimane nessuna opera fondamentale.

Un precedente di alcuni anni fa avvalora l’allarme lanciato per fare presto luce su quella vicenda, prima che il prossimo 30 luglio, con la chiusura della mostra a Roma, i due dipinti tornino negli Stati Uniti. Nel 2010, infatti, il Consiglio di Stato – cioè l’ultimo grado di giudizio della giustizia amministrativa, inappellabile e che fa giurisprudenza come quello della Cassazione – si pronunciò su un caso analogo, ovvero l’esportabilità di un quadro del grande pittore barocco Andrea Sacchi, che in passato era stato anch’esso parte della collezione Barberini. Il proprietario dell’opera di Sacchi, un antiquario italiano, chiedeva la libera esportabilità del dipinto, ma se la vide negata dal Ministero dei beni e le attività Culturali, che egli citò poi in giudizio appellandosi a un’interpretazione a lui favorevole della legge speciale di epoca fascista. La sentenza n. 6479 del 6 settembre 2010, emessa dai supremi giudici amministrativi, ha invece confermato il corretto operato del Ministero, stabilendo che i dipinti della ex collezione Barberini che non rientrano tra quelli acquisiti dallo Stato (come la celeberrima Fornarina di Raffaello) né tra quelli rimasti in mani private ma notificati dallo Stato - e cioè dichiarati in nessun caso esportabili - non possono comunque essere esportati liberamente, ma necessitano di un’autorizzazione ad hoc all’esportazione, come richiesto per ogni dipinto antico che si trova in Italia da secoli e che si intenda far uscire dal nostro Paese.

Fonti autorevoli del Ministero della cultura da me consultate ritengono altamente improbabile che i due capolavori in mostra a Palazzo Barberini al momento della loro uscita dall’Italia fossero muniti di una regolare autorizzazione all’esportazione. Se ciò fosse vero, essi dovrebbero essere né più né meno confiscati in via compensativa dallo Stato, diverrebbero cioè parte del patrimonio nazionale. Per fugare ogni dubbio, la Procura di Roma, competente per gli eventuali illeciti commessi rispettivamente negli anni Cinquanta e Settanta, dovrebbe dunque sequestrare in via cautelativa i due dipinti prima che essi vengano riportati negli Stati Uniti, e consultare presso l’Archivio centrale dello Stato i documenti originali relativi alle autorizzazioni all’esportazione concesse in quegli anni dall’allora Ministero della pubblica istruzione o dal Ministero dei Beni culturali, istituito solo nel 1974.

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