@ - C’è il rischio che nasca presto una nuova «cortina di ferro», una guerra civile, a meno che l’Unione Europea non abbandoni, finalmente, la sua inerzia geopolitica.
Il rischio - concreto o remoto che sia, molto dipende dagli occhi con cui si guarda - è che arrivi presto una nuova «cortina di ferro», una guerra civile, a meno che l’Unione Europea non abbandoni, finalmente, la sua inerzia geopolitica.
Ma partiamo dal principio, o meglio, dal passato. Come ricorda Guido Montani, professore di economia politica internazionale all’Università di Pavia, la prima e la seconda Guerra Mondiale vengono considerate delle “guerre civili europee” da parte di molti politici e intellettuali. Ed è proprio dal sentimento che ne è derivato - una viscerale repulsione alla guerra (in territorio europeo, ça va sans dire) - che è nata e si è rafforzata l’idea di unificare l’Europa, un processo che ha portato alla nascita l’Unione Europea.
Tutto sembrava funzionare - sorvoliamo sugli aspetti criticabili - fino all’invasione russa in Ucraina. L’evento, tragico è dir poco, ha riaperto alcune ferite profonde. Se da una parte oggi si fa sempre più concreto il rischio che il conflitto possa trasformarsi in una terza Guerra Mondiale - Occidente contro Russia, Cina &Co. - è assai ironico pensare che nel non lontanissimo 2012 l’UE abbia vinto il premio Nobel per la Pace, con il merito di essere riuscita a trasformare un continente votato alla guerra in un continente votato alla pace.
Lo scontro Russia-Ucraina può finire con la resa di Putin, con la resa di Zelensky o con una situazione di stallo «simile» alla pace, in pieno stile coreano. Qualunque sia lo scenario tra i tre a verificarsi, è difficile non pensare alla possibile nascita di una nuova «cortina di ferro» proprio nel cuore dell’Europa e, conseguentemente, ad una guerra civile.
L’inerzia dell’Unione Europea
La colpa più grande in capo all’UE sta nella sua inerzia, soprattutto in occasione della crisi in atto. I Paesi dell’Est hanno chiesto sostegno militare e lo hanno ottenuto da Stati Uniti e NATO. Hanno chiesto un aiuto economico e l’hanno ricevuto tramite la loro integrazione nell’Unione, che però si è ben guardata dal prendersi una qualche responsabilità sugli aspetti di politica estera e sicurezza che in quei Paesi proprio non andavano.
L’Unione si sta preparando a sviluppare una nuova convenzione europea nel tentativo di risolvere il problema. Nel novembre 2021 il governo di coalizione tedesco ha specificato che la Conferenza sul futuro dell’Europa «dovrebbe portare a una convenzione costituzionale e all’ulteriore sviluppo di uno Stato federale europeo». A giugno 2022 il Parlamento europeo ha chiesto una convenzione per consentire modifiche al trattato, con l’obiettivo ultimo di indebolire i veti nazionali, grande ostacolo alla trasformazione in realtà delle future proposte che nasceranno in occasione della conferenza.
No, modifiche all’attuale integrazione economico-monetaria non sono all’orizzonte. Si parla piuttosto dell’istituzione di un’«autonomia strategica» in maniera di politica estera, ma ciò non risolvere il problema di fondo: l’indipendenza dell’UE dal protettorato statunitense.
Una nuova cortina di ferro
Per evitare la nascita di una nuova cortina di ferro in Europa e per avviare un processo che porti alla pace tra Russia e Ucraina, l’UE è chiamata ad agire in maniera autonoma attraverso un piano votato alla pace che riguardi il solo continente e che consenta a tutte le parti di godere di un futuro di pace e prosperità. Diverso sarebbe lo scenario in cui l’UE decidesse di agire insieme a Stati Uniti, Ucraina e Russia, ponendo il tono del confronto su un livello tra pari per ciò che riguarda, invece, la pace tra i Paesi europei.
Perché la crisi attuale ha una natura politica, non diplomatica. Il coinvolgimento degli Stati Uniti, con la loro politica estera ancorata stabilmente al concetto dell’«America first», avrebbe un sapore di neoimperialismo, come già accade in quei territori dove interviene la NATO. È su questa percezione che Russia e Cina basano la loro assertività nel cercare e tenere stretti i loro alleati, non da ultimo il Sud Africa, che ha portato avanti delle esercitazioni militari congiunte con Pechino e Mosca poche settimane fa.
Finché la guerra continuerà a imperversare in territorio europeo, continuerà con lei la corsa agli armamenti, armi nucleari comprese. Stiamo parlando di possibili conseguenze disastrose, e non solo sul fronte della politica internazionale. Per non parlare dell’emergenza legata all’ambiente - non perché oggi va di moda discuterne, ma perché in un mondo concentrato sugli investimenti in armi, vengono conseguentemente meno gli investimenti in sostenibilità, invece tanto necessari.
Cara Europa, è tempo di essere coraggiosa, per evitare il ritorno del nazionalismo e un confronto militare internazionale che ti travolgerebbe, ora che sei così fragile.
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