@ - In un’intervista a tutto campo in esclusiva per Repubblica, Joseph Wu, ministro degli Esteri di Taiwan, ci parla dei rapporti fra Taiwan e Cina in un momento di crescenti tensioni nello Stretto. Le recenti celebrazioni del 100° anniversario del Pcc hanno mostrato al mondo una Cina aggressiva e ultra-nazionalista.
Pensa che la Cina stia diventando una minaccia per la stabilità mondiale?
«Il discorso di Xi Jinping è stato senza dubbio minaccioso e nazionalista, e i fatti recenti dimostrano la volontà della leadership cinese di mutare l’esistente ordine internazionale. La spesa cinese nella difesa ha raggiunto i 250 miliardi di dollari nel 2020 e le continue provocazioni militari nello stretto di Taiwan con 886 incursioni aree nel nostro spazio aereo soltanto fra gennaio e novembre di quest’anno, insieme alle provocazioni militari nel Mar Cinese Meridionale ed al confine con l’India, sono la conferma che il sistema autoritario di Pechino sia una minaccia per pace e stabilità della regione indo-pacifica e del mondo».
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Il presidente Xi Jinping ha affermato che la riunificazione con Taiwan è inevitabile e non ha escluso il possibile uso della forza. Qual è la Sua valutazione?
«Taiwan non vuole un conflitto ma saprà difendersi e salvaguardare la propria democrazia di fronte alle intimidazioni militari della Cina. Abbiamo promosso numerose riforme militari, sviluppato capacità di guerra asimmetrica e programmi di difesa autonomi, con produzione interna di aerei e sottomarini. Per la nostra posizione strategica, Taiwan si trova in prima linea nella difesa contro l’autoritarismo e anche per questo vediamo con molto favore le forme di coordinamento fra le democrazie dell’Indo-Pacifico (Quad e Aukus) e il crescente consenso in Europa e Usa per salvaguardare la democrazia di Taiwan».
Ogni giorno assistiamo a un peggioramento dei diritti umani a Hong, in Tibet, in Xinjiang e in tutta la Cina. Quale la sua valutazione?
«La Cina ha incarcerato milioni di uiguri in campi d’internamento nei quali è diffusa la pratica del lavoro forzato e sono molti i casi documentati di sterilizzazione forzata delle detenute. La libertà religiosa è duramente soppressa in Tibet dove le comunità locali hanno dovuto forzatamente rinunciare al proprio stile di vita. La legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong ha cancellato lo stato di diritto incarcerando migliaia di attivisti, esponenti politici democratici e giornalisti. Il regime di Xi-Jinping ha ignorato le critiche della comunità internazionale e sta continuando a perseguire un progetto totalitario antitetico ai valori universalmente riconosciuti di libertà e democrazia».
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La Cina lega la propria stabilità interna alla crescita economica. Qual è la sua valutazione sulla situazione economica e sociale all’interno della Cina?
«La rapida crescita economica della Cina degli ultimi decenni ha mascherato i difetti intrinseci del suo sistema totalitario. C’è stata una crescita economica fondata sull’eccessiva dipendenza dagli investimenti; su indebitamenti insostenibili da parte delle imprese di Stato e dei governi locali; una distribuzione altamente diseguale della ricchezza; bolle immobiliari (il caso Evergrande); carenza di elettricità e di materie prime; corruzione tra funzionari governativi e lotte di potere interne al Pcc. Tutti questi problemi dovrebbero essere risolti con urgenza, anche se Xi Jinping mi pare orientato a proseguire con il pugno di ferro nella repressione del dissenso interno, continuando a proporre una retorica nazionalista e anti-occidentale».
Taiwan è stato un caso di successo nel contenimento della pandemia di Covid-19, ma la Cina continua a porre il veto alla sua partecipazione all’Oms. Qual è la sua opinione?
«Fin dall’epidemia della Sars, Taiwan ha sviluppato capacità scientifiche e tecnologiche per combattere l’epidemia e quella esperienza è stata preziosa per contenere la diffusione del Covid-19. Chiediamo alla comunità internazionale di non lasciare più da parte Taiwan e voglio ringraziare l’Italia e la Ue che in occasione dell’ultimo G-7 hanno sostenuto l’inclusione di Taiwan nell’Oms».
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C’è crescente intesa tra Taiwan, Usa, Giappone ed Europa per costruire nuove catene di approvvigionamento per 5G, semiconduttori e tecnologie mediche. Quale contributo può dare Taiwan a questi settori strategici?
«Ha una posizione molto forte nelle catene di fornitura globali di semiconduttori ed è il principale produttore mondiale di circuiti integrati, con il 65% del mercato globale. È nostro interesse strategico incrementare la cooperazione con le altre democrazie del mondo: a settembre di quest’anno abbiamo ospitato per la prima volta a Taiwan il Forum sugli investimenti Ue per promuovere la cooperazione in materia di telecomunicazioni e biotecnologie. La nostra azienda leader sui semiconduttori (la Tsmc) aprirà a breve propri impianti in Giappone e negli Stati Uniti».
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Taiwan è una democrazia matura: multipartitismo, stampa libera, magistratura indipendente, rispetto dei diritti umani fondamentali. Crede che la Cina possa diventare un Paese democratico in futuro?
«Taiwan rispetta i diritti umani, la libertà e lo stato di diritto ed è la prova vivente che un sistema democratico possa coesistere con la cultura e le tradizioni cinesi. Credo che se la Cina si avvierà verso la strada delle riforme democratiche, il popolo cinese non potrà che trarne grande beneficio».
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