@ - A diffondere il documento, finora secretato e inedito nelle mani di pochissime persone, è il blog Silerenonpossum.it di Marco Felipe Perfetti. Nel testo si legge che Bianchi "si è posto al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da esse richieste, esercitando la propria autorità morale in modo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità provocando lo scandalo”.
Dopo un anno dall’emissione del decreto che ha travolto in una bufera la comunità monastica di Bose e in particolare il suo fondatore Enzo Bianchi, il provvedimento emesso dal Segretario di Stato e approvato in forma specifica da Papa Francesco il 13 maggio 2020 è diventato pubblico. A svelare il decreto, finora secretato e inedito nelle mani di pochissime persone, è il blog Silerenonpossum.it di Marco Felipe Perfetti, un giovane avvocato che segue da vicino la vicenda di Bose fin dall’inizio, dando spesso notizia di atti molto riservati.
Il testo precisa le ragioni che hanno spinto il Vaticano a chiedere l’allontanamento a tempo indeterminato di Bianchi e di altri due fratelli, Lino Breda e Goffredo Boselli, e una sorella, Antonella Casiraghi. Riferendosi al fondatore si cita: “Dopo le dimissioni spontanee dalla carica di priore ha mostrato di non aver rinunciato effettivamente al governo, interferendo in diversi modi, continuamente e gravemente sulla conduzione della medesima comunità e determinando una grave divisione nella vita fraterna. Si è posto al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da esse richieste, esercitando la propria autorità morale in modo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità provocando lo scandalo”.
Parole dure che nascondono una lotta interna tra l’attuale priore Luciano Manicardi e Bianchi, dividendo la comunità in pro e contro l’uno o l’altro. Un atteggiamento, quello dell’anziano monaco sostenuto, a detta del Vaticano, da alcuni monaci a lui vicini: “Tale clima di estrema tensione e divisione è favorito da un gruppo di membri della comunità, in particolare e soprattutto da Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi che fanno riferimento esclusivo a fratel Enzo Bianchi e non riconoscono, di fatto, l’autorità del legittimo priore in carica, ostacolandone gravemente l’esercizio”.
Una situazione che il decreto non esita a definire a rischio “di destrutturare profondamente e seriamente la medesima comunità che è significativa per tante persone nella Chiesa cattolica anche a livello ecumenico e nella società civile”. Ma non solo. Secondo il Segretario di Stato il clima che si è creato ha “causato sofferenze in molti membri della comunità”. Da qui i provvedimenti ad personam e la nomina del delegato pontificio, padre Amedeo Cencini, che ha di fatto “commissariato” la comunità da un anno. In primis per Bianchi: “Entro e non oltre il termine di dieci giorni dalla data di notifica del presente Decreto, si ritirerà dalla comunità monastica di Bose e si trasferirà, per un tempo indeterminato e senza soluzione di continuità, in un monastero o altro luogo scelto dal delegato pontificio, in accordo per quanto è possibile con l’interessato. Le modalità del trasferimento e gli aspetti economici connessi ad esso e al periodo di permanenza extra domum saranno definiti dal delegato pontificio in accordo con il priore della comunità e sentendo l’interessato”.
Un “ordine” che in realtà è rimasto solo sulla carta grazie anche ai tentennamenti di Papa Francesco che avrebbe scritto in quest’ultimi mesi a Bianchi promettendogli una soluzione: ad oggi il fondatore non è più in comunità ma si trova in un eremo non lontano da Bose dal quale sembra si sia impegnato ad andarsene entro questo mese per trasferirsi in un alloggio nel Torinese. Oltre alla “cacciata”, per Bianchi il decreto ha previsto l’impossibilità di “partecipare ad alcun momento deliberativo-decisionale della comunità, ad alcun capitolo (generale, annuale, periodico, quotidiano) ad alcuna riunione del consiglio dei professi o del discretorio”. E ancora: Bianchi “si asterrà dal rientrare a Bose o in una delle fraternità e dall’intrattenere in alcun modo relazioni e contatti con i membri della comunità senza l’autorizzazione previa ed esplicita del delegato pontificio. Nell’eventualità in cui, per grave e giustificato motivo, egli avesse bisogno di ritornare a Bose, l’opportunità, la modalità e la durata di tali rientri saranno stabilite dal priore e ratificate dal delegato pontificio”. Ma non basta. La punizione per l’anziano monaco è perenne: “È fatto divieto a Enzo Bianchi di fondare comunità, associazioni o altre aggregazioni ecclesiali”, scrive il Segretario di Stato.
L’atto cita anche i provvedimenti per gli altri monaci, Boselli, Breda e la monaca Casiraghi. Per loro tre l’allontanamento previsto è di cinque anni “in un monastero o altro luogo scelto dal delegato pontificio, in accordo per quanto è possibile con l’interessato”. A tutti è stato tolto il diritto di voto attivo e passivo e qualsiasi ruolo oltre al divieto di fondare comunità, associazioni o altre aggregazioni ecclesiali. Decisioni che sono state rispettate dai tre monaci: sorella Antonella vive in un monastero mentre Lino Breda e Goffredo Boselli hanno scelto di continuare la loro vita in luoghi diversi. Un’ultima annotazione che vale la pena sottolineare è la parte finale del decreto che non prevede appello e ricorso.
Intanto in quest’ultime ore la tensione a Bose è cresciuta ancora. In settimana il priore Luciano Manicardi ha deciso di esiliare coloro che all’interno dei consigli parlavano di “riconciliazione, sanare le fratture e portare ad una reintegrazione degli allontanati”. Degli undici monaci che hanno dato inizialmente la loro disponibilità, solo in quattro (Emiliano, Adalberto, Valerio e Dario) hanno accettato di andare a Cellole, esasperati dal clima all’interno della comunità. A loro il priore e il consiglio dei professi hanno promesso di dare autonomia e renderli così una fraternità indipendente da Bose entro sei mesi.
Nessun commento:
Posta un commento