3 mag 2018

Netanyahu e il nucleare iraniano: una mezza verità al servizio di una menzogna

Netanyahu e il nucleare iraniano: una mezza verità al servizio di una menzogna: "Il pezzo di teatro con cui il premier israeliano Bibi Netanyahu ha preteso di rivelare al mondo che l'accordo nucleare con l'Iran sarebbe "basato sulle menzogne" merita, nell'ordine, un plauso, una specificazione, una smentita e una critica molto dura.

Il plauso va alle indubbie doti di pr di Netanyahu. Parlando in inglese, agitando un'asticella di fronte a grottescamente grandi slides in PowerPoint, e assicurando di avere documenti, file video, audio, mappe e quant'altro a riprova di quanto stava dicendo, Netanyahu è riuscito a diffondere l'idea che l'Iran stia effettivamente violando l'accordo nucleare del 2015.

Naturalmente, non è vero, ma il danno è fatto. Nella prima intervista radiofonica che ho dato sull'argomento, su Radio In Blu, ho dovuto precisare che no, l'Iran non ha già cinque bombe atomiche come quelle di Hiroshima.

Passiamo quindi alla specificazione.

Netanyahu ha mentito? No, a meno che una mezza verità non sia da considerarsi una bugia. Il premier israeliano ha dosato le parole in modo tale da poter negare di avere diffuso false informazioni pur riuscendo nell'intento di diffondere la falsa percezione che l'Iran stia violando i patti. Netanyahu è senz'altro un maestro della comunicazione, ma questa volta sarebbe più corretto dire che si è dimostrato un abile manipolatore dell'informazione.

Il premier israeliano ha detto che l'accordo nucleare con l'Iran è "basato sulla menzogna" perché l'intelligence israeliana ha trafugato documenti che provano che l'Iran aveva un programma nucleare militare, mentre il governo iraniano ha sempre sostenuto di avere ambizioni solo pacifiche.

Il problema è che l'Iran ha interrotto la quasi totalità delle attività nucleari militari nel 2003, che tutti i membri dell'accordo nucleare (America, Europa, Russia e Cina) ne erano perfettamente a conoscenza, e che anzi l'informazione fosse di dominio pubblico dal 2007, quando fu rivelata dall'intelligence Usa.

Le componenti militari del programma nucleare iraniano furono ovviamente una parte fondamentale del negoziato che ha portato all'accordo nel 2015. America ed Europa pretesero che l'Iran facesse più trasparenza sulle sue attività militari – va ricordato, passate – con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea).

Nel tardo 2015 l'Aiea chiuse il file, e America ed Europa si dichiararono soddisfatte. Dal momento che l'Iran negava pubblicamente di avere mai avuto l'ambizione di costruirsi la bomba, non c'era motivo per aprire una polemica pubblica. Il punto era che l'Iran aveva interrotto quelle attività e, soprattutto, che aveva accettato di limitare il suo programma civile e intrusive ispezioni dell'Aiea proprio per prevenire la possibilità che in un futuro si dotasse di armi nucleari.

Questa era, ed è, la ragion d'essere dell'accordo nucleare, di cui Netanyahu non ha presentato alcuna violazione da parte iraniana – e questa è la smentita. Quando Europa, Russia e Cina insistono che l'accordo sta funzionando, non si tratta di un'opinione ma di una conclusione basata sull'evidenza empirica resa disponibile dagli ispettori dell'Aiea.

Anche se le informazioni riferite da Netanyahu erano già note, non per questo si deve sminuire il grande successo dell'intelligence israeliana. Per merito suo oggi sappiamo molto di più su quello che l'Iran stava facendo fino al 2003. Se Israele avesse passato queste informazioni agli Stati Uniti e gli altri membri dell'accordo, questi ultimi li avrebbero potuti usare per mettere pressione sull'Iran, usando gli strumenti di verifica dell'accordo nucleare per richiedere, e ottenere, ispezioni nei siti indicati nei documenti raccolti. L'accordo nucleare non è perfetto, ma resta di gran lunga il principale strumento di controllo delle attività nucleari dell'Iran.

Ma allora perché Netanyahu ha scelto la strada della denuncia pubblica? Qui veniamo alla critica. Il premier israeliano è contrario all'accordo nucleare perché teme che possa portare a una progressiva reintegrazione dell'Iran nella comunità internazionale. Per Netanyahu, la situazione ideale era quella pre-accordo, quando cioè l'Iran era sotto sanzioni Onu, Ue e Usa e isolato internazionalmente. Ed è a questa situazione che evidentemente vuole tornare.

In questo Netanyahu ha trovato una sponda nel presidente americano Donald Trump, che odia l'accordo un po' perché l'ha negoziato Obama un po' perché ne conosce poco i dettagli e non si preoccupa delle conseguenze di un suo collasso. Il 12 maggio Trump è tenuto a riautorizzare la sospensione delle sanzioni in base all'accordo, ma già da tempo aveva detto di essere orientato a non farlo. Questo lo esporrebbe alla critica di aver violato i termini dell'accordo senza una giustificazione. Con la performance di lunedì, Netanyahu ha dato a Trump un argomento al quale appigliarsi per sostenere che è l'Iran il primo ad aver violato l'accordo.

L'amministrazione Usa ha già sposato questa linea. Netanyahu ha quindi colto un successo, che sarebbe ancora maggiore se l'Europa, i cui leader hanno tentato in tutti i modi di convincere Trump a non lasciare l'accordo, dovesse cedere alle pressioni israelo-americane e reimponga le sanzioni. Gli europei hanno mangiato la foglia e sembrano determinati a difendere l'accordo."

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