19 gen 2018

Influenza 2018: tutto quello che le mamme dovrebbero sapere - Nostrofiglio.it

Influenza 2018: tutto quello che le mamme dovrebbero sapere - Nostrofiglio.it: ""Una delle epidemie peggiori degli ultimi anni". Così l'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di igiene all'Università di Pisa, definisce la stagione influenzale in corso, commentando i dati dell'ultimo bollettino sull'influenza dell'Istituto superiore di sanità. Nella prima settimana di gennaio ci sono stati 800 mila nuovi casi, che portano a quasi tre milioni gli italiani messi ko dalla malattia dall'inizio della stagione. Come sempre i più colpiti sono i bambini, che sotto i cinque anni fanno registrare un'incidenza di 28,5 casi ogni 1000 assistiti.

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"Siamo sicuramente intorno al picco massimo" sottolinea l'esperto: "È stato superato quello del 2009, l'anno della famosa pandemia da virus H1N1, e siamo vicini a quello della stagione 2004/2005, la più intensa da quando il nostro paese possiede un sistema di sorveglianza dell'influenza".

 

E non è solo questione di numeri: "Anche i sintomi sono un po' più 'pesanti' di quelli di altre stagioni influenzali" riconosce Michele Fiore, pediatra di famiglia a Genova, sottolineando anche l'elevata contagiosità della malattia, che tende a colpire più persone della stessa famiglia. Lo testimonia, del resto, anche l'assalto ai Pronto soccorso che si è verificato nelle ultime settimane in varie città italiane.

 

Influenza 2018, sintomi e durata
"L'influenza ha un andamento molto caratteristico" spiega Fiore. "L'inizio è brusco, con una febbre anche elevata. Poi, nel corso delle ore e dei giorni successivi comincia il corredo di sintomi classici: dolori muscolari e ossei, debolezza, raffreddore, tosse secca squassante".

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Però quest'anno sembra esserci una particolarità in più: "La febbre dura inizialmente un paio di giorni, poi sembra scomparire per 12-24 ore, poi ricompare per altri due-tre giorni" sottolinea il pediatra. In tutto, la febbre rimane per cinque-sei giorni, una durata piuttosto lunga.

 

Ma è vera influenza?
In realtà non è detto che tutto ciò che si presenta con i sintomi descritti - o con qualche variazione sul tema - sia un'influenza vera e propria. Potrebbe trattarsi di altre malattie virali, causate da rinovirus, adenovirus, virus parainfluenzali, virus respiratorio sinciziale (che nei bambini piccoli è spesso causa di bronchiolite).

 

"Per essere sicuri che a causare una sindrome simil-influenzale sia stato proprio un virus dell’influenza, l’unico modo è cercare il virus facendo un tampone o un aspirato naso-faringeo" chiarisce Lopalco in un post sulla sua pagina Facebook. Ovviamente, questo esame viene fatto solo in casi molto particolari, per esempio in situazioni gravi, che richiedono un ricovero in ospedale. Nella pratica clinica di ogni giorno non è così fondamentale, né per il medico né per il paziente, sapere quale sia esattamente il virus responsabile di quei sintomi di tipo influenzale.

 

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E i sintomi gastrointestinali?
Difficilmente una "vera" influenza dà anche sintomi gastrointestinali, come vomito e diarrea. "Quello che chiamiamo influenza gastrointestinale è in genere un'altra cosa - precisa Fiore - provocata da virus completamente diversi, come il rotavirus".

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"Non c'è un numero fisso di giorni, ma c'è una regola generale: si sta a casa il tempo necessario per guarire" afferma Fiore. Questo tempo può anche essere di un giorno o due, per alcune persone, o di una settimana o dieci giorni, per altre.

"Se si parla di bambini, però, è bene sottolineare che più sono piccoli, dunque in età di materna e soprattutto di nido, meglio è allungare un po' il periodo di convalescenza. Questo per permettere all'organismo di recuperare le sue difese, senza correre il rischio di ammalarsi di nuovo al rientro in un ambiente chiuso e affollato, come sono gli asili, che è per naturalmente ricco di agenti infettivi".

E convalescenza, per Fiore, non significa per forza stare tappati in casa. "Se il bambino non si è ancora ripreso al 100% ma sta comunque bene, può tranquillamente uscire a giocare all'aperto, dove il rischio di incontrare nuovi agenti infettivi è più basso che al chiuso".
 

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