23 nov 2017

Verso Srebrenica, cimitero della pace - Corriere.it

Verso Srebrenica, cimitero della pace - Corriere.it: "Il 22 novembre 2017 il generale Ratko Mladic viene condannato all’ergastolo per genocidio e sterminio. Più di vent’anni d’attesa, quattro di processo, per ripercorrere gli anni drammatici della guerra che dal 1991 al 1995 martirizzò Sarajevo e la Bosnia. Dall’archivio del Corriere della Sera, questo racconto dell’incontro tra Ettore Mo, inviato speciale del quotidiano e tra i più famosi corrispondenti di guerra e il «macellaio» serbo-bosniaco.
DAL NOSTRO INVIATO A ZVORNIK - I serbi ortodossi celebrano la Pasqua sette giorni dopo di noi. Da domani comincia la loro settimana di Passione. Tutto lascia prevedere che sarà una settimana di sangue. Domani infatti si alzeranno in volo le squadriglie della Nato per pattugliare lo spazio aereo della Bosnia Erzegovina. L’obiettivo è abbattere qualsiasi jet violasse la zona di non volo decisa dall’Onu. Si tratterà ovviamente di aerei serbi che se la dovranno vedere con gli F14, gli F16, gli Hurrier, i Mirage 2000c, statunitensi, inglesi, olandesi e francesi. Sempre domani una decina di motovedette della Ueo, l’ alleanza militare dell’Europa occidentale, bloccherà il Danubio per garantire che venga rispettato l’embargo contro la federazione serbo montenegrina. Siamo sul ponte che allaccia le due sponde del fiume Drina che invece di trasportare tronchi di betulle ha portato per mesi i cadaveri della Bosnia orientale verso il Danubio. Srebrenica, la città martire musulmana circondata dai serbi, è a pochi chilometri. Non si passa. Tutte le nostre perorazioni sono inutili. Non ci aiuta neanche la buona volontà di qualche soldato serbo che ci ha fatto da scorta in questo faticoso cammino, fatto quasi sempre di notte, in queste vallate umide dentro le quali si attorciglia il fiume.
Proviamo un senso di sconforto e di paura che il generale Ratko Mladic, comandante dei serbi bosniaci, non contribuisce ad alleviare. Arriva dalla parte bosniaca. Si ferma sul ponte. Scende dal fuoristrada e controlla chi sta aspettando per entrare nell’ enclave di Srebrenica. Il suo passo è sicuro, il viso olivastro serio. Bruscamente il generale ci dice: «La pace potrebbe arrivare anche subito se l’Occidente si decidesse a fare le dovute pressioni sui musulmani e sui croati invece che nei nostri confronti. Mi sembra invece che purtroppo le cose stiano andando in direzione opposta: abbiamo molte notizie che indicano una crescente attività militare occidentale contro di noi». Siamo ancora lì sul ponte e dalla radio della nostra automobile arriva un altro allarme: secondo il capo dei serbi bosniaci Karadzic è molto probabile, anzi scontato, che ci sarà un incidente nella missione aerea della Nato. «Se non altro - dice Karadzic - lo provocheranno i piloti dell’ Alleanza atlantica per allargare il loro mandato e poter bombardare anche gli obiettivi serbi a terra». In questo momento non ha certamente giovato alla distensione il ritrovamento del carico di munizioni sul camion dell’ alto commissariato dell’ Onu a Sarajevo. Era partito dall’ aeroporto insieme agli altri aiuti umanitari.
Lo scalo aereo è sotto il controllo della Legione straniera francese. Così improvvisamente l’ eroe di Srebrenica, il generale francese Morillon, comandante dei caschi blu in Bosnia, è stato vilipeso su quello stesso ponte sulla Drina. Lo stavamo inseguendo sperando che ci conducesse alla proibita Srebrenica. Invece, arrivato a Zvornik, i serbi, la gente del posto, lo hanno insultato e lordato di sputi. E assai dubbio che Morillon (che secondo Le Monde potrebbe essere presto richiamato in patria, ndr) fosse a conoscenza di quella grave trasgressione fatta dai suoi soldati a Sarajevo, ma è anche fuori dubbio che la responsabilità finale rimane sua. Questo fatto incrementa la diffidenza che i serbi nutrono nei confronti dell’Onu.
Ma in questo momento qual è la sorte dei martiri di Srebrenica? Ieri alle 14 doveva entrare in vigore un nuovo cessate il fuoco. Prevedeva anche lo sblocco di Srebrenica, la libera evacuazione della sua gente. Ma si ha la sensazione che i 60 mila disperati della cittadina siano stati dimenticati. Nel pomeriggio sono passati in direzione dell’ enclave musulmana una ventina di camion dell’ Onu con i viveri. I serbi li hanno lasciati passare. Ma riusciranno a portare indietro le donne e i bambini che i loro stessi guerriglieri musulmani non lasciano partire perché, dicono, senza i familiari i combattenti non sono piu’ stimolati a difendere l’ enclave? È già notte inoltrata, ma i camion non sono tornati. La Drina, come gli altri fiumi che sono stati protagonisti di questa guerra (Danubio, Drava, Neretva, Sava) non dividono il Paese in termini soltanto territoriali ma segano le comunità, il loro solco si approfondisce sempre di più. Sono fiumi sbarramento e le speranze di riconciliazione sono rarissime. Nikola, un soldato semplice, serbo di 31 anni, sta appoggiato con l’ aria stanca sulla ringhiera del ponte. «Io - dice - non accetterò mai più di vivere con i musulmani. Se ne incontro uno gli brucio il cervello»." SEGUE >>>


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