Aggressione Ostia, la violenza di Spada divide Nuova Ostia - Corriere.it: "«Basta co sta sceneggiata, pare che state a cercà er super-latitante, ha fatto bene a daje la testata». Nuova Ostia non reagisce bene alle telecamere, a meno che non arrivino nella borgata per denunciare il degrado in cui affonda. È un rione lacerato, quello che da sempre è l’assoluto feudo del clan Spada. Pezzo di levante del mare di Roma, a ridosso del Porto e dei suoi yacht di lusso, terra di contrasti, di miserie e macerie, strade spaccate e marciapiedi invasi dai rifiuti. Una parte applaude e difende Roberto Spada, grida vergogna quando i carabinieri arrivano ad arrestarlo. L’altra parte condanna l’aggressione del «reuccio-boss» sottovoce, sussurrando, con la paura di essere indicati poi come quelli che parlano con i giornalisti.
È la parte di città che chiede aiuto, che vuole liberarsi dal giogo della famiglia di origine sinti, da sempre residente in quel quadrilatero. «Qui sono i padroni e noi abbiamo paura a uscire di casa, perché spacciano e non si deve dar fastidio, portateveli via tutti e ridateci dignità», dice senza timore una signora anziana. Che racconta come per un mese i «sodali» del clan non hanno fatto passare il camion dell’Ama in una strada «per aumentare l’immondizia e fare scena per le elezioni», spiega sibillina.
Ostia, aggressione a giornalista: Roberto Spada fermato e poi trasferito in carcere
Il piccolo impero del 42enne appassionato di pugilato (fratello di Carmine detto «Romoletto» condannato per mafia), è stretto in un marcio reticolo di viuzze, con vista su quella piazza dello spaccio intitolata a Lorenzo Gasparri, ammiraglio militare, eroe della seconda guerra mondiale. Case che si sbriciolano, fogne che allagano i garage, negozi occupati e trasformati in appartamenti: favelas del terzo millennio nella Capitale d’Italia e un piccolo, visibile triangolo di potere. In via Antonio Forni 71 c’è la palestra che Roberto Spada, con spavalderia, ha riaperto, quella da cui ha aggredito i giornalisti della Rai: è la terza volta, le prime due chiuse per abusi e puntualmente ricomparse. Si gira l’angolo e c’è il Bar Music, anche quello roba del pugile. Ma qui le domande e i giornalisti non sono graditi. «Ve ne dovete annà, non rompete er c…, Roberto era assediato che doveva fa, io l’avrei preso pure a calci, basta annatevene», esplode il barista quando gli si chiede della famosa testata.
Infine, via Vincon. Al civico 27 c’è lo sfoggio dell’egemonia del clan. Ogni casa degli Spada riflette la fenomenologia tipica delle mafie: all’ingresso il simbolo di riconoscimento, le statue di leoni o altri animali in bella mostra. Roberto Spada ha scelto i cavalli, bianchi, che si ergono sul cancello. I nomi sui citofoni raccontano del legame noto con i cugini Di Silvio e Casamonica. Nessuno risponde al tentativo di contatto, ma basta quel suono a far sbucare la vedetta, un giovane rom pronto a cacciare chi disturba.
Quando su Ostia cala un muro di pioggia i carabinieri vanno a prelevare il principe del quartiere. Era a casa con i sei figli, subito affidati ai parenti. La compagna Elisabetta non c’era, lei con cui condivide tutto, dalla gestione della palestra a quella della prole: donna di piglio e sempre in prima linea a difendere il suo uomo, anche quando nel 2015 arrivò la polizia a sgomberarli dalla prima Femus Boxe, la loro altra creatura. «Diamo un luogo di aggregazione per i bambini e i giovani del posto», un aiuto sociale secondo la loro visione. L’ultima palestra era ospitata – secondo le verifiche – in uno stabile della ex Armellini. Diversi passaggi di proprietà dopo risulterebbe finita a una ignota donna, Maria di Tommaso, sconosciuta alle cronache: locali privati, commerciali, cambi di destinazione mai segnalati al X Municipio sciolto per mafia e guidato dalla commissione prefettizia. Risulta però che invece già a febbraio 2017 polizia e Asl verificarono l’assenza di autorizzazioni, attività aperta ma priva del parere igienico sanitario e del «certificato di Prevenzione Incendi necessario in quanto la struttura supera i 200 metri quadri di cubatura», dice il verbale. Questione amministrativa a cui però non è mai seguito il sequestro."
È la parte di città che chiede aiuto, che vuole liberarsi dal giogo della famiglia di origine sinti, da sempre residente in quel quadrilatero. «Qui sono i padroni e noi abbiamo paura a uscire di casa, perché spacciano e non si deve dar fastidio, portateveli via tutti e ridateci dignità», dice senza timore una signora anziana. Che racconta come per un mese i «sodali» del clan non hanno fatto passare il camion dell’Ama in una strada «per aumentare l’immondizia e fare scena per le elezioni», spiega sibillina.
Ostia, aggressione a giornalista: Roberto Spada fermato e poi trasferito in carcere
Il piccolo impero del 42enne appassionato di pugilato (fratello di Carmine detto «Romoletto» condannato per mafia), è stretto in un marcio reticolo di viuzze, con vista su quella piazza dello spaccio intitolata a Lorenzo Gasparri, ammiraglio militare, eroe della seconda guerra mondiale. Case che si sbriciolano, fogne che allagano i garage, negozi occupati e trasformati in appartamenti: favelas del terzo millennio nella Capitale d’Italia e un piccolo, visibile triangolo di potere. In via Antonio Forni 71 c’è la palestra che Roberto Spada, con spavalderia, ha riaperto, quella da cui ha aggredito i giornalisti della Rai: è la terza volta, le prime due chiuse per abusi e puntualmente ricomparse. Si gira l’angolo e c’è il Bar Music, anche quello roba del pugile. Ma qui le domande e i giornalisti non sono graditi. «Ve ne dovete annà, non rompete er c…, Roberto era assediato che doveva fa, io l’avrei preso pure a calci, basta annatevene», esplode il barista quando gli si chiede della famosa testata.
Infine, via Vincon. Al civico 27 c’è lo sfoggio dell’egemonia del clan. Ogni casa degli Spada riflette la fenomenologia tipica delle mafie: all’ingresso il simbolo di riconoscimento, le statue di leoni o altri animali in bella mostra. Roberto Spada ha scelto i cavalli, bianchi, che si ergono sul cancello. I nomi sui citofoni raccontano del legame noto con i cugini Di Silvio e Casamonica. Nessuno risponde al tentativo di contatto, ma basta quel suono a far sbucare la vedetta, un giovane rom pronto a cacciare chi disturba.
Quando su Ostia cala un muro di pioggia i carabinieri vanno a prelevare il principe del quartiere. Era a casa con i sei figli, subito affidati ai parenti. La compagna Elisabetta non c’era, lei con cui condivide tutto, dalla gestione della palestra a quella della prole: donna di piglio e sempre in prima linea a difendere il suo uomo, anche quando nel 2015 arrivò la polizia a sgomberarli dalla prima Femus Boxe, la loro altra creatura. «Diamo un luogo di aggregazione per i bambini e i giovani del posto», un aiuto sociale secondo la loro visione. L’ultima palestra era ospitata – secondo le verifiche – in uno stabile della ex Armellini. Diversi passaggi di proprietà dopo risulterebbe finita a una ignota donna, Maria di Tommaso, sconosciuta alle cronache: locali privati, commerciali, cambi di destinazione mai segnalati al X Municipio sciolto per mafia e guidato dalla commissione prefettizia. Risulta però che invece già a febbraio 2017 polizia e Asl verificarono l’assenza di autorizzazioni, attività aperta ma priva del parere igienico sanitario e del «certificato di Prevenzione Incendi necessario in quanto la struttura supera i 200 metri quadri di cubatura», dice il verbale. Questione amministrativa a cui però non è mai seguito il sequestro."
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